MALA TEMPORA CURRUNT Collasso
di civiltà E’ stato pubblicato Human and Nature Dynamics (HANDY) – Atmospheric and
Oceanic … www.atmos.umd.edu/…/2014-03-28-handy1-paper-draft-safa-motesharrei-
rivas-kalnay.pdf ) un rapporto di grande interesse sul collasso o
sostenibilità delle civiltà, in presenza di elevate differenze
economico-sociali e di un uso non sostenibile di risorse naturali. Parte della
stampa attribuisce il rapporto alla NASA, ma si tratta di informazione
imprecisa. Lo studio è stato, in parte, finanziato dal Goddard Space Flight
Center della NASA e ciò indubbiamente aggiunge credibilità allo stesso.
Ma si tratta di uno studio indipendente, di altissimo livello, condotto
da un gruppo di studiosi di diverse discipline scientifiche ed umanistiche,
guidato dall’insigne matematico dell’Università del Maryland e del National
Socio-Environmental Synthesis Center, Safa Motesharrey. Lo studio parte
dall’esame dei maggiori collassi di civiltà del passato. Apprendiamo così che,
contrariamente alla convinzione comune, i collassi di civiltà, negli
ultimi 5000 anni, oltre ai classici collassi che tutti conosciamo, come il
collasso delle civiltà e imperi romano e Maya, sono stati numerosi e
distribuiti in tutto il pianeta, dalla Mesopotamia all’Egitto all’India, al
continente americano, alle civiltà cinesi. In generale questi collassi
comportano un drammatico impoverimento della popolazione, una fortissima
riduzione del numero degli abitanti, un regresso delle conoscenze e delle
capacità tecniche e mediamente il ciclo regressivo dura dai 300 ai 500 anni. In
alcuni casi ha portato alla scomparsa totale della relativa civiltà.
Lo studio cerca di individuare alcune cause comuni di questi collassi e
di razionalizzarle in un modello matematico sofisticato formato da un certo
numero di equazioni (chiamato modello Handy o Human and Nature Dynamics). Oltre
alle varie cause specifiche e contingenti, lo studio ne identifica due che sono
presenti nella maggioranza dei casi esaminati: lo stress ecologico dovuto ad
uno sfruttamento non sostenibile delle risorse naturali e la concentrazione
della ricchezza in un numero ristretto di “élite” (i ricchi) che si
contrappongono alla massa impoverita (o “commoners”, i poveri). L’esasperazione
di una di queste due cause può anche da sola, portare al collasso ma, di
solito, esse si presentano insieme e l’una alimenta l’altra. Forte di
questa strumentazione storica, concettuale, matematica, che spero di aver
riassunto in modo accettabile, lo studio applica il modello alla nostra
civiltà, sviluppando e arricchendo il modello “predatore, preda” sviluppato nel
1925 e 1926 da due matematici, Alfred Lotka e Vito Volterra. Le elaborazioni
del modello, applicato a diversi scenari, portano alla conclusione che, nella
nostra situazione attuale, caratterizzata da un super sfruttamento della natura
ed una crescente concentrazione della ricchezza, il collasso è difficile da
evitare. Come è successo in passato, le Elites non affrontano il problema perché
la ricchezza accumulata permette loro di non percepire i pericoli mentre
montano: “La protezione della ricchezza accumulata permette alle Elites di
continuare “business as usual” nonostante la catastrofe incombente”. La
catastrofe è incombente, ma per evitarla sarebbe necessario: ( a) ridurre lo
sfruttamento della natura a un livello sostenibile; (b) distribuire le risorse
economiche in modo molto più equo; (c) diminuire la crescita della popolazione
mondiale. Poiché nessuno di questi obiettivi è realizzabile con le buone
maniere e con la forza della sola ragione, il collasso, se non inevitabile, è
probabile.
Credo che gli specialisti di questi modelli matematici potranno
criticare e contestare certi passaggi di questo studio, e sono anche convinto
che lo studio, pur sofisticato, non tiene contro di variabili imprevedibili e
non riconducibili al modello stesso, ma esso rimane di grande stimolo a
riflettere sui problemi veri della nostra epoca e sulle sfide che dobbiamo
affrontare per non soccombere come è successo a tante civiltà del passato. Esso
ci fa così riflettere anche su quante energie spendiamo in relazione a
delle autentiche banalità.
No comments:
Post a Comment