Saturday, 21 February 2015

ANALYSIS AND ADVISES BY A GROUP OF ITALIAN RESIDENTS IN LIBYA - 20.02.2015



ANALYSIS AND ADVISES BY A GROUP OF ITALIAN RESIDENTS IN LIBYA -20.02.2015

Despite the flood of news and images that reach us daily, reality on the ground remains little intelligible.
We know a society accustomed for centuries to survive in a paternalistic management of public affairs and that, accustomed for decades to depend on government handouts, is not inclined to get involved in the violence of which is for the most part of it.
We know also multiplicity of local actors and external sponsors competing for power management and energy resources of the country; a sort of conflict between gangs out of control and continually fluctuating alliances according to the interests of a party.

But we do not know today in Libya who really represents who. Therefore we cannot identify the interlocutors reliable enough. Daesh (Islamic State) has its deadly communication strategy but in fact it is quite clear its texture, its real military capacity, its international links, its local roots and its grip on the Libyan society.

We do not know whether this phenomenon is new or it is not a mutation of an Islamist fringe object of repression since Gaddafi time.
Given these conditions sending military forces in Libya is impossible, both for purposes of maintaining a peace, which is not even basically outlined, and interposing between among patchy warring sides.
Simply lack the space, not only negotiating but mostly operational, to include an external presence for national reconciliation govt and the rebuild of state structures.
The fact that the situation in Libya is so complicated as to require weighting in decisions and patiently waiting for changes, clarifying the existing framework, does not mean that Italy at the moment cannot do anything. Quite the contrary.

First Italy must exert greater assertiveness in all the "boring" multilateral international: the UN in the first place, but also NATO and the EU. At UN must continue, and increase, Italy's support to the efforts of Leon for the start of a dialogue between all (?) warring parties in Libya.
Then Italy must demand inclusiveness to all actors i.e.:
  • warring factions and militias representatives -none excluded-
  • institutions officials
  • khabilas chiefs
  • municipalities
  • all significant and influential exponents of civil society
  • In this exercise of dialogue and peace should be involved also the leadership of Senussiyya and its exponents accredited to the Libyan society.

Italy must act for an urgent resolution aimed at reduce greatly any support to militias through embargoes designed to exclude any possible external support.
This should include, among other surveillance on hydrocarbon exports, financial reserves (foreign ones included) as well as related cash flows.
The fight against international terrorism should be a catalyst to reach consensus within the Security Council and should allow the renewals of those relationships which have been compromised by the implementation of Resolution 1973 (which led to armed intervention in Libya in 2011) .
At NATO it appears necessary to invoke by Italy at the earliest Article IV of the Treaty.

Under this article each Ally, which feels under threat, may refer the situation to the agenda of the Atlantic Council for the definition of a common policy.
There is no doubt that Libya chaos reverberates negatively both on our country security and on Alliance.  southern flank.
Finally, in EU Italy must act to overcome the minimalist vision that inspired "Triton". It must be a broader political design leading to an authentic European sharing of burdens and responsibilities in the management of migration flows, which is clearly a phenomenon are not certain contingent and of short duration.
Similar assertiveness should be exercised by Italy in bilateral relations with all stakeholders and external sponsors to Libya, which may have some influence on the warring factions.
It is not necessary to stop the political and diplomatic work done by Italy so far on the ground in Libya.

The common history, the fact of being the last one to close diplomatic and most of Italian interests in that country followed through a network of contacts and connections which must be carefully maintained and cultivated by all means available: intelligence to "suasion" economic, to renew the social fabric of this country.
The increased assertiveness of Italy, to be effective, however, must be accompanied by an absolute linearity in foreign policy that avoids the false notes and dissonances that have recently been highlighted. Such a policy must then be supported by a broad bi-partisan support of political forces in parliament. The ultimate goal for Italy at last to be a UN resolution that allows, when conditions will allow, the entry of an international force in Libya to support reconstituted Libyan institutions. This force shall in no case have a Western and, even less, Italian characterization.
Western support and the Italian course will be needed but should be provided respecting the Arab and African connotation that this force should have.
Acting otherwise would raise old anti-colonial sentiments, never dormant, with the effect sure to compact the warring factions, not towards objectives of national reconstruction, but against the West and Italy in particular.
ANALISI E CONSIGLI DA PARTE DI UN GRUPPO DI ITALIANI RESIDENTI IN LIBIA – 20.2.2015
Nonostante il profluvio di notizie e di immagini che ci giungono quotidianamente la realtà sul terreno rimane poco intellegibile.
Conosciamo una società assuefatta da secoli a sopravvivere in una gestione paternalistica della cosa pubblica e che, abituata da decenni a dipendere da elargizioni governative, è poco incline a lasciarsi coinvolgere nelle violenze delle quali non è per la maggior parte partecipe. Sappiamo ancora di una molteplicità di attori locali e sponsor esterni in competizione tra loro per la gestione del potere e delle risorse energetiche del Paese; una sorta di conflitto fra bande fuori controllo e continuamente oscillanti nelle alleanze a seconda degli interessi di parte.
Ma non sappiamo oggi in Libia chi veramente rappresenta chi. Di conseguenza non riusciamo ad individuare degli interlocutori affidabili abbastanza. Dell’autoproclamato Stato Islamico conosciamo la sua micidiale strategia comunicativa ma in realtà non ci è chiara la sua consistenza, la sua reale capacità militare, i suoi collegamenti internazionali, il suo radicamento sul territorio e la sua presa sulla società libica. Non conosciamo quanto questo fenomeno sia nuovo e quanto non sia invece una mutazione di sempiterne frange islamiste oggetto di repressione già dai tempi di Gheddafi.
In queste condizioni l’invio di forze militari in Libia risulta improponibile, sia per scopi di mantenimento di una pace che non è nemmeno tendenzialmente delineata sia di interposizione fra schieramenti a macchia di leopardo.
Semplicemente mancano gli spazi, non soltanto negoziali ma soprattutto operativi, per inserirvi una presenza esterna per una riconciliazione nazionale e per ricostruire le strutture statali. Il fatto che la situazione in Libia sia così complicata da richiedere ponderazione nelle decisioni e pazienza in attesa di evoluzioni chiarificatrici del quadro esistente non implica che l’Italia al momento non possa fare nulla. Tutt’altro.
Innanzitutto deve esercitare una maggiore assertività in tutti i “fora” multilaterali internazionali: l’ONU in primis, ma anche la NATO e la EU. A livello ONU deve continuare, e semmai aumentare, il sostegno dell’Italia allo sforzo di Leon per l’avvio di un dialogo fra tutte (?) le parti in lotta in Libia. Come corrispettivo deve essere pretesa (?) l’inclusività a tutti gli attori: dai rappresentanti delle fazioni in lotta -nessuno escluso- ai rappresentanti delle istituzioni, dalle municipalità fino agli esponenti più significativi e più influenti della società civile libica. In questo esercizio di dialogo e di pacificazione dovranno essere coinvolti anche la dirigenza della Senussiya e i suoi esponenti più accreditati presso la società libica.
Sempre in ambito ONU, l’Italia deve agire per una risoluzione urgente volta ad anemizzare il sostegno alle fazioni in lotta mediante embarghi mirati a escludere ogni possibile supporto esterno. Questa deve prevedere fra l’altro la sorveglianza sulle esportazioni di idrocarburi, il controllo delle riserve finanziare giacenti all’estero nonché i relativi flussi finanziari. La lotta al terrorismo internazionale dovrebbe fungere da catalizzatore per raggiungere il consenso in ambito del Consiglio di sicurezza e dovrebbe consentire di riannodare quei rapporti che sono stati compromessi con l’attuazione della risoluzione 1973 (che ha consentito l’intervento armato in Libia nel 2011).
A livello NATO appare necessario invocare quanto prima da parte dell’Italia l’articolo IV del trattato. Ai sensi di questo articolo ogni Alleato che si sente sottoposto a minaccia può sottoporre la situazione all’ordine del giorno del Consiglio Atlantico per la definizione di una politica comune. Non vi è dubbio infatti che il caos libico può riverberarsi negativamente sulla sicurezza del nostro paese e del fianco sud dell’Alleanza. Infine a livello europeo l’Italia deve agire per superare la visione minimalista che ha ispirato “Triton”. Occorre infatti un disegno politico di più ampia portata che porti ad una autentica condivisione europea di oneri e responsabilità nella gestione dei flussi migratori, che con tutta evidenza sono un fenomeno non certo contingente e di breve durata.
Analoga assertività deve essere esercitata dall’Italia nei rapporti bilaterali con tutti gli attori e sponsor esterni alla Libia, che possono avere una qualche influenza sulle fazioni in lotta. Con tutte le cautele del caso è necessario infine non interrompere il lavoro politico e diplomatico sin qui svolto sul terreno libico dall’Italia. La storia comune, il fatto di essere stata l’ultima rappresentanza diplomatica a chiudere e gli interessi italiani tuttora presidiati in quel paese testimoniano una rete di contatti e di collegamenti che devono essere mantenuti e coltivati con tutti i mezzi disponibili: dall’intelligence fino alla “suasion” economica, per riannodare il tessuto sociale di quel paese.
La maggiore assertività dell’Italia, per essere efficace, deve però essere accompagnata da una assoluta linearità nella politica estera che eviti le stonature e le dissonanze che recentemente si sono evidenziate. Una siffatta politica deve poi essere sostenuta da un largo supporto bi-partisan delle forze politiche presenti in parlamento. L’obiettivo finale per l’Italia infine dovrà essere una risoluzione ONU che consenta, quando le condizioni lo renderanno possibile, l’ingresso in Libia di una forza internazionale di sostegno alle ricostituite istituzioni libiche. Tale forza in nessun caso dovrà avere una caratterizzazione occidentale e tantomeno italiana. Il sostegno occidentale e quello italiano ovviamente saranno necessari ma dovranno essere forniti rispettando la connotazione fondamentalmente araba e africana che questa forza dovrà avere.
Agendo altrimenti si susciterebbero antichi sentimenti anticolonialisti, mai sopiti, con l’effetto sicuro di compattare le fazioni in lotta, non verso obiettivi di ricostruzione nazionale, ma contro l’occidente e l’Italia in particolare.

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