Sì: specialmente come
corrispondente di guerra, di salti ne ho fatti parecchi. In Vietnam, ad
esempio, sono saltata spesso nelle trincee per evitare mitragliate e mortai.
Altrettanto spesso sono saltata dagli elicotteri americani per raggiungere le
zone di combattimento. In Bangladesh, anche da un elicottero russo per
infilarmi dentro la battaglia di Dacca. Durante le mie interviste coi
mascalzoni della Terra (i Khomeini, gli Arafat,
i Gheddafi eccetera) non meno spesso sono saltata in
donchisciotteschi litigi rischiando seriamente la mia incolumità. E una volta,
nell’America Latina, mi sono buttata giù da una finestra per sfuggire agli sbirri
che volevano arrestarm
Crediamo di vivere in
vere democrazie, democrazie sincere e vivaci nonché governate dalla libertà di
pensiero e di opinione. Invece viviamo in democrazie deboli e pigre, quindi
dominate dal dispotismo e dalla paura. Paura di pensare e, pensando, di
raggiungere conclusioni che non corrispondono a quelle dei lacchè del potere.
Paura di parlare e, parlando, di dare un giudizio diverso dal giudizio
subdolamente imposto da loro. Paura di non essere sufficientemente allineati,
obbedienti, servili, e venire scomunicati attraverso l’esilio morale con cui le
democrazie deboli e pigre ricattano il cittadino. Paura di essere liberi,
insomma. Di prendere rischi, di avere coraggio.
«Il segreto della felicità è la libertà. E il segreto della libertà è il
coraggio», diceva Pericle. Uno che di queste cose se ne
intendeva. (Tolgo la massima dal secondo libro della mia trilogia: La Forza
della ragione. E da questo prendo anche il chiarimento che oltre centocinquanta
anni fa Alexis de Tocqueville fornì nel suo intramontabile
trattato sulla democrazia in America). Nei regimi assolutisti o dittatoriali,
scrive Tocqueville, il dispotismo colpisce il corpo. Lo colpisce mettendolo in
catene o torturandolo o sopprimendolo in vari modi. Decapitazioni,
impiccagioni, lapidazioni, fucilazioni, Inquisizioni eccetera.
E così facendo risparmia l’anima che intatta si leva dalla carne straziata e
trasforma la vittima in eroe. Nelle democrazie inanimate, invece, nei regimi
inertamente democratici, il dispotismo risparmia il corpo e colpisce l’anima.
Perché è l’anima che vuole mettere in catene. Torturare, sopprimere. Così alle
sue vittime non dice mai ciò che dice nei regimi assolutisti o dittatoriali: «O
la pensi come me o muori». Dice: «Scegli. Sei libero di non pensare o di
pensare come la penso io. Se non la pensi come la penso io, non ti sopprimerò.
Non toccherò il tuo corpo. Non confischerò le tue proprietà. Non violenterò i
tuoi diritti politici. Ti permetterò addirittura di votare. Ma non sarai mai
votato. Non sarai mai eletto. Non sarai mai seguito e rispettato. Perché
ricorrendo alle mie leggi sulla libertà di pensiero e di opinione, io sosterrò
che sei impuro. Che sei bugiardo, dissoluto, peccatore, miserabile, malato di
mente. E farò di te un fuorilegge, un criminale. Ti condannerò alla Morte
Civile, e la gente non ti ascolterà più. Peggio. Per non essere a sua volta
puniti, quelli che la pensano come te ti diserteranno». Questo succede, spiega,
in quanto nelle democrazie inanimate, nei regimi inertamente democratici, tutto
si può dire fuorché la Verità. Perché la Verità ispira paura. Perché, a leggere
o udire la verità, i più si arrendono alla paura. E per paura delineano intorno
ad essa un cerchio che è proibito oltrepassare. Alzano intorno ad essa
un’invisibile ma insormontabile barriera dentro la quale si può soltanto tacere
o unirsi al coro. Se il dissidente oltrepassa quella linea, se salta sopra le
Cascate del Niagara di quella barriera, la punizione si abbatte su di lui o su
di lei con la velocità della luce. E a render possibile tale infamia sono
proprio coloro che segretamente la pensano come lui o come lei, ma che per
convenienza o viltà o stupidità non alzano la loro voce contro gli anatemi e le
persecuzioni. Gli amici, spesso. O i cosiddetti amici. I partner. O i
cosiddetti partner. I colleghi. O i cosiddetti colleghi. Per un poco, infatti,
si nascondono dietro il cespuglio. Temporeggiano, tengono il piede in due
staffe. Ma poi diventano silenziosi e, terrorizzati dai rischi che tale
ambiguità comporta, se la svignano. Abbandonano il fuorilegge, il criminale, al
di lui o al di lei destino e con il loro silenzio danno la loro approvazione
alla Morte Civile. (Qualcosa che io ho esperimentato tutta la vita e
specialmente negli ultimi anni. «Non ti posso difendere più» mi disse, due o
tre Natali fa, un famoso giornalista italiano che in mia difesa aveva scritto
due o tre editoriali. «Perché?» gli chiesi tutta mesta. «Perché la gente non mi
parla più. Non mi invita più a cena»).
L’altro motivo per cui ho un’esigua familiarità con le medaglie e i trofei sta
nel fatto che soprattutto dopo l’11 Settembre l’Europa è diventata una Cascata
del Niagara di Maccartismo sostanzialmente identico a quello che afflisse gli
Stati Uniti mezzo secolo fa. Sola differenza, il suo colore politico. Mezzo
secolo fa era infatti la Sinistra ad essere vittimizzata dal
Maccartismo. Oggi è la Sinistra che vittimizza gli altri col suo Maccartismo.
Non meno, e a parer mio molto di più, che negli Stati Uniti. Cari miei,
nell’Europa d’oggi v’è una nuova Caccia alle Streghe. E sevizia chiunque vada
contro corrente. V’è una nuova Inquisizione. E gli eretici li brucia
tappandogli o tentando di tappargli la bocca.
Eh, sì: anche noi abbiamo i nostri Torquemada. I nostri Ward
Churchill, i nostri Noam Chomsky, i nostri Louis
Farrakhan, i nostri Michael Moore eccetera. Anche noi
siamo infettati dalla piaga contro la quale tutti gli antidoti sembrano
inefficaci. La piaga di un risorto nazi-fascismo. Il nazismo islamico e il
fascismo autoctono. Portatori di germi, gli educatori cioè i maestri e le
maestre che diffondono l’infezione fin dalle scuole elementari e dagli asili
dove esporre un Presepe o un Babbo Natale è considerato un
«insulto-ai-bambini-Mussulmani».
I professori (o le professoresse) che tale infezione la raddoppiano nelle
scuole medie e la esasperano nelle università. Attraverso l’indottrinazione quotidiana,
il quotidiano lavaggio del cervello, si sa. (La storia delle Crociate, ad
esempio, riscritta e falsificata come nel 1984 di Orwell.
L’ossequio verso il Corano visto come una religione di pace e
misericordia. La reverenza per l’Islam visto come un Faro di Luce paragonato al
quale la nostra civiltà è una favilla di sigaretta). E con l’indottrinazione,
le manifestazioni politiche. Ovvio. Le marce settarie, i comizi faziosi, gli
eccessi fascistoidi. Sapete che fecero, lo scorso ottobre, i giovinastri della
Sinistra radicale a Torino? Assaltarono la chiesa rinascimentale del Carmine e
ne insozzarono la facciata scrivendoci con lo spray l’insulto «Nazi-Ratzinger»
nonché l’avvertimento: «Con le budella dei preti impiccheremo Pisanu». Il
nostro Ministro degli Interni. Poi su quella facciata urinarono. (Amabilità che
a Firenze, la mia città, non pochi islamici amano esercitare sui sagrati delle
basiliche e sui vetusti marmi del Battistero). Infine irruppero dentro la
chiesa e, spaventando a morte le vecchine che recitavano il Vespro, fecero
scoppiare un petardo vicino all’altare. Tutto ciò alla presenza di poliziotti
che non potevano intervenire perché nella città Politically Correct tali
imprese sono considerate Libertà-di-espressione. (A meno che tale libertà non
venga esercitata contro le moschee: s’intende). E inutile aggiungere che gli
adulti non sono migliori di questi giovinastri. La scorsa settimana, a Marano,
popolosa cittadina collocata nella provincia di Napoli, il Sindaco (ex
seminarista, ex membro del Partito Comunista Italiano, poi del vivente Partito
di Rifondazione Comunista, ed ora membro del Partito dei Comunisti Italiani)
annullò tout-court l’ordinanza emessa dal commissario prefettizio per dedicare
una strada ai martiri di Nassiriya. Cioè ai diciannove
militari italiani che due anni fa i kamikaze uccisero in Iraq. Lo annullò
affermando che i diciannove non erano martiri bensì mercenari, e alla strada
dette il nome di Arafat. «Via Arafat». Lo fece piazzando una targa che disse:
«Yasser Arafat, simbolo dell’Unità (sic) e della Resistenza Palestinese». Poi
l’interno del municipio lo tappezzò con gigantesche foto del medesimo, e
l’esterno con bandiere palestinesi.
La piaga si propaga anche attraverso i giornali, la Tv, la radio. Attraverso i
media che per convenienza o viltà o stupidità sono in gran maggioranza
islamofili e antioccidentali e antiamericani quanto i maestri, i professori,
gli accademici. Che senza alcun rischio di venir criticati o beffati passano
sotto silenzio episodi come quelli di Torino o Marano. E in compenso non
dimenticano mai di attaccare Israele, leccare i piedi all’Islam. Si propaga
anche attraverso le canzoni e le chitarre e i concerti rock e i film, quella
piaga. Attraverso uno show-business dove, come i vostri ottusi e presuntuosi e
ultra-miliardari giullari di Hollywood, i nostri giullari sostengono il ruolo
di buonisti sempre pronti a piangere per gli assassini. Mai per le loro
vittime. Si propaga anche attraverso un sistema giudiziario che ha perduto ogni
senso della Giustizia, ogni rispetto della giurisdizione. Voglio dire
attraverso i tribunali dove, come i vostri magistrati, i nostri magistrati
assolvono i terroristi con la stessa facilità con cui assolvono i pedofili. (O
li condannano a pene irrisorie). E finalmente si propaga attraverso
l’intimidazione della buona gente in buona fede. Voglio dire la gente che per
ignoranza o paura subisce quel dispotismo e non comprende che col suo silenzio
o la sua sottomissione aiuta il risorto nazi-fascismo a fiorire. Non a caso,
quando denuncio queste cose, mi sento davvero come una Cassandra che parla al
vento. O come uno dei dimenticati antifascisti che settanta e ottanta anni fa
mettevano i ciechi e i sordi in guardia contro una coppia chiamata Mussolini e
Hitler. Ma i ciechi restavano ciechi, i sordi restavano sordi, ed entrambi
finirono col portar sulla fronte ciò che ne L’Apocalisse chiamo il Marchio
della Vergogna. Di conseguenza le mie vere medaglie sono gli insulti, le
denigrazioni, gli abusi che ricevo dall’odierno Maccartismo. Dall’odierna
Caccia alle Streghe, dall’odierna Inquisizione. I miei trofei, i processi che
in Europa subisco per reato di opinione. Un reato ormai travestito coi termini
«vilipendio dell’Islam, razzismo o razzismo religioso, xenofobia, istigazione all’odio
eccetera».
Parentesi: può un Codice Penale processarmi per odio? Può l’odio essere
proibito per Legge? L’odio è un sentimento. È una emozione, una reazione, uno
stato d’animo. Non un crimine giuridico. Come l’amore, l’odio appartiene alla
natura umana. Anzi, alla Vità. È l’opposto dell’amore e quindi, come l’amore,
non può essere proibito da un articolo del Codice Penale. Può essere giudicato,
sì. Può essere contestato, osteggiato, condannato, sì. Ma soltanto in senso
morale. Ad esempio, nel giudizio delle religioni che come la religione
cristiana predicano l’amore. Non nel giudizio d’un tribunale che mi garantisce
il diritto di amare chi voglio. Perché, se ho il diritto di amare chi voglio,
ho anche e devo avere anche il diritto di odiare chi voglio. Incominciando da
coloro che odiano me. Sì, io odio i Bin Laden. Odio gli Zarkawi. Odio i
kamikaze e le bestie che ci tagliano la testa e ci fanno saltare in aria e
martirizzano le loro donne. Odio gli Ward Churchill, i Noam Chomsky, i Louis
Farrakhan, i Michael Moore, i complici, i collaborazionisti, i
traditori, che ci vendono al nemico. Li odio come odiavo Mussolini
e Hitler e Stalin and Company. Li odio come
ho sempre odiato ogni assalto alla Libertà, ogni martirio della Libertà. È un
mio sacrosanto diritto. E se sbaglio, ditemi perché coloro che odiano me più di
quanto io odi loro non sono processati col medesimo atto d’accusa. Voglio dire:
ditemi perché questa faccenda dell’Istigazione all’Odio non tocca mai i
professionisti dell’odio, i mussulmani che sul concetto dell’odio hanno
costruito la loro ideologia. La loro filosofia. La loro teologia. Ditemi perché
questa faccenda non tocca mai i loro complici occidentali. Parentesi chiusa, e
torniamo ai trofei che chiamo processi.
Si svolgono in ogni paese nel quale un figlio di Allah o un traditore nostrano
voglia zittirmi e imbavagliarmi nel modo descritto da Tocqueville, quei
processi. A Parigi, cioè in Francia, ad esempio. La France Eternelle, la Patrie
du Laïcisme, la Bonne Mère du Liberté-Egalité-Fraternité, dove per vilipendio
dell’Islam soltanto la mia amica Brigitte Bardot ha sofferto
più travagli di quanti ne abbia sofferti e ne soffra io. La France Libérale,
Progressiste, dove tre anni fa gli ebrei francesi della LICRA (associazione
ebrea di Sinistra che ama manifestare alzando fotografie di Ariel
Sharon con la svastica sulla fronte) si unì ai mussulmani francesi del
MRAP (associazione islamica di Sinistra che ama manifestare levando cartelli di
Bush con la svastica sugli occhi). E dove insieme chiesero al
Codice Penale di chiudermi in galera, confiscare La Rage et l’Orgueil
o venderla con il seguente ammonimento sulla copertina: «Attenzione! Questo
librò può costituire un pericolo per la vostra salute mentale». (Insieme
volevano anche intascare un grosso risarcimento danni, naturalmente).
Oppure a Berna, in Svizzera. Die wunderschöne Schweitz, la meravigliosa
Svizzera di Guglielmo Tell, dove il Ministro della Giustizia osò chiedere al
mio Ministro della Giustizia di estradarmi in manette. O a Bergamo, Nord
Italia, dove il prossimo processo avverrà il prossimo giugno grazie a un
giudice che sembra ansioso di condannarmi a qualche anno di prigione: la pena
che per vilipendio dell’Islam viene impartita nel mio paese. (Un paese dove
senza alcuna conseguenza legale qualsiasi mussulmano può staccare il crocifisso
dai muri di un’aula scolastica o di un ospedale, gettarlo nella spazzatura,
dire che il crocifisso
«ritrae-un-cadaverino-nudo-inventato-per-spaventare-i-bambini-mussulmani». E
sapete chi ha promosso il processo di Bergamo? Uno dei mai processati quindi
mai condannati specialisti nel buttare via i crocifissi. L’autore di un sudicio
libretto che per molto tempo ha venduto nelle moschee, nei Centri Islamici,
nelle librerie sinistrorse d’Italia.
Quanto alle minacce contro la mia vita cioè all’irresistibile desiderio che i
figli di Allah hanno di tagliarmi la gola o farmi saltare in aria o almeno
liquidarmi con un colpo di pistola nella nuca, mi limiterò a dire che
specialmente quando sono in Italia devo essere protetta ventiquattro ore su
ventiquattro dai Carabinieri. La nostra polizia militare. E, sia pure a fin di
bene, questa è una durissima limitazione alla mia libertà personale. Quanto
agli insulti, agli anatemi, agli abusi con cui i media europei mi onorano per
conto della trista alleanza Sinistra-Islam, ecco alcune delle qualifiche che da
quattro anni mi vengono elargite: «Abominevole. Blasfema. Deleteria.
Troglodita. Razzista. Retrograda. Ignobile. Degenere. Reazionaria. Abbietta».
Come vedete, parole identiche o molto simili a quelle usate da Alexis de
Tocqueville quando spiega il dispotismo che mira alla Morte Civile. Nel mio
paese quel dispotismo si compiace anche di chiamarmi «Iena», nel distorcere il
mio nome da Oriana in «Oriena» e nello sbeffeggiarmi attraverso sardoniche
identificazioni con Giovanna d’Arco. «Le bestialità della neo Giovanna d’Arco».
«Taci, Giovanna d’Arco». «Ora basta, Giovanna d’Arco».
Lo scorso agosto venni ricevuta in udienza privata da Ratzinger, insomma da
Papa Benedetto XVI. Un Papa che ama il mio lavoro da quando lesse Lettera a un
bambino mai nato e che io rispetto profondamente da quando leggo i suoi
intelligentissimi libri. Un Papa, inoltre, col quale mi trovo d’accordo in
parecchi casi. Per esempio, quando scrive che l’Occidente ha maturato una sorta
di odio contro sé stesso. Che non ama più sé stesso, che ha perso la sua
spiritualità e rischia di perdere anche la sua identità. (Esattamente ciò che
scrivo io quando scrivo che l’Occidente è malato di un cancro morale e
intellettuale. Non a caso ripeto spesso: «Se un Papa e un’atea dicono la stessa
cosa, in quella cosa dev’esserci qualcosa di tremendamente vero»).
Nuova parentesi. Sono un’atea, sì. Un’atea-cristiana, come sempre
chiarisco, ma un’atea. E Papa Ratzinger lo sa molto bene. Ne La Forza della
Ragione uso un intero capitolo per spiegare l’apparente paradosso di tale
autodefinizione. Ma sapete che cosa dice lui agli atei come me? Dice: «Ok.
(L’ok è mio, ovvio). Allora Veluti si Deus daretur. Comportatevi come se Dio
esistesse». Parole da cui desumo che nella comunità religiosa vi sono persone
più aperte e più acute che in quella laica alla quale appartengo. Talmente
aperte ed acute che non tentano nemmeno, non si sognano nemmeno, di salvarmi
l’anima cioè di convertirmi. Uno dei motivi per cui sostengo che, vendendosi al
teocratico Islam, il laicismo ha perso il treno. È mancato all’appuntamento più
importante offertogli dalla Storia e così facendo ha aperto un vuoto, una
voragine che soltanto la spiritualità può riempire.
Uno dei motivi, inoltre, per cui nella Chiesa d’oggi vedo un inatteso
partner, un imprevisto alleato. In Ratzinger, e in chiunque accetti la mia per
loro inquietante indipendenza di pensiero e di comportamento, un
compagnon-de-route. Ammenoché anche la Chiesa manchi al suo appuntamento con la
Storia. Cosa che tuttavia non prevedo. Perché, forse per reazione alle
ideologie materialistiche che hanno caratterizzato lo scorso secolo, il secolo
dinanzi a noi mi sembra marcato da una inevitabile nostalgia anzi da un
inevitabile bisogno di religiosità. E, come la religione, la religiosità
finisce sempre col rivelarsi il veicolo più semplice (se non il più facile) per
arrivare alla spiritualità. Chiusa la nuova parentesi.
E così ci incontrammo, io e questo gentiluomo intelligente. Senza cerimonie,
senza formalità, tutti soli nel suo studio di Castel Gandolfo conversammo e
l’incontro non-professionale doveva restare segreto. Nella mia ossessione per
la privacy, avevo chiesto che così fosse. Ma la voce si diffuse ugualmente.
Come una bomba nucleare piombò sulla stampa italiana, e indovina ciò che un
petulante idiota con requisiti accademici scrisse su un noto giornale romano di
Sinistra. Scrisse che il Papa può vedere quanto vuole «i miserabili, gli empi,
i peccatori, i mentalmente malati» come la Fallaci. Perché «il Papa non è una
persona perbene». (A dispetto di ogni dizionario e della stessa Accademia della
Crusca, il «perbene» scritto "per bene"). Del resto, e sempre
pensando a Tocqueville, alla sua invisibile ma insuperabile barriera
dentro-la-quale-si-può-soltanto-tacere-o-unirsi-al-coro, non dimentico mai
quello che quattro anni fa accadde qui in America.
Voglio dire quando l’articolo La Rabbia e l’Orgoglio (non ancora libro)
apparve in Italia. E il New York Times scatenò la sua Super Political
Correctness con una intera pagina nella quale la corrispondente da Roma mi
presentava come «a provocateur» una «provocatrice». Una villana colpevole di
calunniare l’Islam... Quando l’articolo divenne libro e apparve qui, ancora
peggio. Perché il New York Post mi descrisse, sì, come «La Coscienza d’Europa,
l’eccezione in un’epoca dove l’onestà e la chiarezza non sono più considerate
preziose virtù». Nelle loro lettere i lettori mi definirono, sì, «il solo intelletto
eloquente che l’Europa avesse prodotto dal giorno in cui Winston Churchill
pronunciò lo Step by Step cioè il discorso con cui metteva in guardia l’Europa
dall’avanzata di Hitler». Ma i giornali e le TV e le radio della Sinistra al
Caviale rimasero mute, oppure si unirono alla tesi del New York Times.
Tantomeno dimentico ciò che è avvenuto nel mio paese durante questi giorni
di novembre 2005. Perché, pubblicato da una casa editrice che nella maggioranza
delle quote azionarie appartiene ai miei editori italiani, e da questi
vistosamente annunciato sul giornale che consideravo il mio giornale, in un
certo senso la mia famiglia, un altro libro anti- Fallaci ora affligge le
librerie. Un libro scritto, stavolta, dall’ex vice-direttore del quotidiano che
un tempo apparteneva al defunto Partito Comunista. Bé, non l’ho letto. Né lo
leggerò. (Esistono almeno sei libri su di me. Quasi tutti, biografie
non-autorizzate e piene di bugie offensive nonché di grottesche invenzioni. E
non ne ho mai letto uno. Non ho mai neppure gettato lo sguardo sulle loro
copertine). Ma so che stavolta il titolo, naturalmente accompagnato dal mio
nome che garantisce le vendite, contiene le parole «cattiva maestra». So che la
cattiva-maestra è ritratta come una sordida reazionaria, una perniciosa
guerrafondaia, una mortale portatrice di «Orianismo». E secondo l’ex
vice-direttore dell’ex quotidiano ultracomunista, l’Orianismo è un virus. Una
malattia, un contagio, nonché un’ossessione, che uccide tutte le vittime
contaminate. (Graziaddio, molti milioni di vittime. Soltanto in Italia, la
Trilogia ha venduto assai più di quattro milioni di copie in tre anni. E negli
altri ventun paesi è un saldo bestseller).
Ma questo non è tutto. Perché nei medesimi giorni il sindaco milanese di
centro-destra mi incluse nella lista degli Ambrogini: le molto ambite medaglie
d’oro che per la festa di Sant’Ambrogio la città di Milano consegna a persone
note, o quasi, nel campo della cultura. E quando il mio nome venne inserito, i
votanti della Sinistra sferrarono un pandemonio che durò fino alle cinque del
mattino. Per tutta la notte, ho saputo, fu come guardare una rissa dentro un
pollaio. Le penne volavano, le creste e i bargigli sanguinavano, i coccodè
assordavano, e lode al cielo se nessuno finì al Pronto Soccorso. Poi, il giorno
dopo, tornarono strillando che il mio Ambrogino avrebbe inquinato il
pluriculturalismo e contaminato la festa di Sant’Ambrogio. Che avrebbe dato
alla cerimonia del premio un significato anti-islamico, che avrebbe offeso i
mussulmani e i premiati della Sinistra. Quest’ultimi minacciarono addirittura
di respingere le ambite medaglie d’oro e promisero di inscenare una fiera
dimostrazione contro la donna perversa. Infine il leader del Partito di
Rifondazione Comunista dichiarò: «Dare l’Ambrogino alla Fallaci è come dare il
Premio Nobel della Pace a George W. Bush».
Detto questo, onde rendere a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è
di Dio, devo chiarire qualcosa che certo dispiacerà ad alcuni o alla
maggioranza di voi. Ecco qua. Io non sono un Conservatore. Non simpatizzo con
la Destra più di quanto non simpatizzi con la Sinistra. Sebbene rifiuti ogni
classificazione politica, mi considero una rivoluzionaria. Perché la
Rivoluzione non significa necessariamente la Presa della Bastiglia o del Palais
d’Hiver. E certamente per me non significa i capestri, le ghigliottine, i
plotoni di esecuzione, il sangue nelle strade. Per me la Rivoluzione significa
dire «No». Significa lottare per quel «No». Attraverso quel «No», cambiare le
cose.
E di sicuro io dico molti «No». Li ho sempre detti. Di sicuro vi sono molte
cose che vorrei cambiare. Cioè non mantenere, non conservare. Una è l’uso e
l’abuso della libertà non vista come Libertà ma come licenza, capriccio, vizio.
Egoismo, arroganza, irresponsabilità. Un’altra è l’uso e l’abuso della
democrazia non vista come il matrimonio giuridico dell’Uguaglianza e della
Libertà ma come rozzo e demagogico egualitarismo, insensato diniego del merito,
tirannia della maggioranza. (Di nuovo, Alexis de Tocqueville...). Un’altra
ancora, la mancanza di autodisciplina, della disciplina senza la quale
qualsiasi matrimonio dell’uguaglianza con la libertà si sfascia. Un’altra
ancora, il cinico sfruttamento delle parole Fratellanza-Giustizia-Progresso.
Un’altra ancora, la nescienza di onore e il tripudio di pusillanimità in cui
viviamo ed educhiamo i nostri figli. Tutte miserie che caratterizzano la Destra
quanto la Sinistra.
Cari miei: se coi suoi spocchiosi tradimenti e le sue smargiassate alla
squadrista e i suoi snobismi alla Muscadin e le sue borie alla Nouvel Riche la
Sinistra ha disonorato e disonora le grandi battaglie che combatté nel Passato,
con le sue nullità e le sue ambiguità e le sue incapacità la Destra non onora
certo il ruolo che si vanta di avere. Ergo, i termini Destra e Sinistra sono
per me due viete e antiquate espressioni alle quali ricorro solo per abitudine
o convenienza verbale. E, come dico ne La Forza della Ragione, in entrambe vedo
solo due squadre di calcio che si distinguono per il colore delle magliette
indossate dai loro giocatori ma che in sostanza giocano lo stesso gioco. Il
gioco di arraffare la palla del Potere. E non il Potere di cui v’è bisogno per
governare: il Potere che serve sé stesso. Che esaurisce sé stesso in sé stesso.
Sono anni che come una Cassandra mi sgolo a gridare «Troia brucia, Troia
brucia». Anni che ripeto al vento la verità sul Mostro e sui complici del
Mostro cioè sui collaborazionisti che in buona o cattiva fede gli spalancano le
porte. Che come nell'Apocalisse dell'evangelista Giovanni si gettano ai suoi
piedi e si lasciano imprimere il marchio della vergogna. Incominciai con La
Rabbia e l'Orgoglio . Continuai con La Forza della Ragione. Proseguii con
Oriana Fallaci intervista sé stessa e con L'Apocalisse. I libri, le idee, per
cui in Francia mi processarono nel 2002 con l'accusa di razzismo-religioso e
xenofobia. Per cui in Svizzera chiesero al nostro ministro della Giustizia la
mia estradizione in manette. Per cui in Italia verrò processata con l'accusa di
vilipendio all'Islam cioè reato di opinione. Libri, idee, per cui la Sinistra
al Caviale e la Destra al Fois Gras ed anche il Centro al Prosciutto mi hanno
denigrata vilipesa messa alla gogna insieme a coloro che la pensano come me.
Cioè insieme al popolo savio e indifeso che nei loro salotti viene definito dai
radical-chic «plebaglia-di-destra». E sui giornali che nel migliore dei casi mi
opponevano farisaicamente la congiura del silenzio ora appaiono titoli
composti coi miei concetti e le mie parole. Guerra-all'Occidente,
Culto-della-Morte, Suicidio-dell'Europa, Sveglia-Italia-Sveglia.
Il nemico è in casa
Continua la fandonia dell'Islam «moderato», la commedia della tolleranza,
la bugia dell'integrazione, la farsa del pluriculturalismo. E con questa, il
tentativo di farci credere che il nemico è costituito da un'esigua minoranza e
che quella esigua minoranza vive in Paesi lontani. Be', il nemico non è affatto
un'esigua minoranza. E ce l'abbiamo in casa. Ed è un nemico che a colpo
d'occhio non sembra un nemico. Senza la barba, vestito all'occidentale, e
secondo i suoi complici in buona o in malafede
perfettamente-inserito-nel-nostro-sistema-sociale. Cioè col permesso di
soggiorno. Con l'automobile. Con la famiglia. E pazienza se la famiglia è
spesso composta da due o tre mogli, pazienza se la moglie o le mogli le
fracassa di botte, pazienza se non di rado uccide la figlia in blue jeans,
pazienza se ogni tanto suo figlio stupra la quindicenne bolognese che col
fidanzato passeggia nel parco. È un nemico che trattiamo da amico. Che tuttavia
ci odia e ci disprezza con intensità. Un nemico che in nome dell'umanitarismo e
dell'asilo politico accogliamo a migliaia per volta anche se i Centri di
accoglienza straripano, scoppiano, e non si sa più dove metterlo. Un nemico che
in nome della «necessità» (ma quale necessità, la necessità di riempire le
strade coi venditori ambulanti e gli spacciatori di droga?) invitiamo anche
attraverso l'Olimpo Costituzionale. «Venite, cari, venite. Abbiamo tanto
bisogno di voi». Un nemico che le moschee le trasforma in caserme, in campi di
addestramento, in centri di reclutamento per i terroristi, e che obbedisce
ciecamente all'imam. Un nemico che in virtù della libera circolazione voluta
dal trattato di Schengen scorrazza a suo piacimento per l'Eurabia sicché per
andare da Londra a Marsiglia, da Colonia a Milano o viceversa, non deve esibire
alcun documento. Può essere un terrorista che si sposta per organizzare o
materializzare un massacro, può avere addosso tutto l'esplosivo che vuole:
nessuno lo ferma, nessuno lo tocca.
Il crocifisso sparirà
Un nemico che appena installato nelle nostre città o nelle nostre campagne
si abbandona alle prepotenze ed esige l'alloggio gratuito o semi-gratuito
nonché il voto e la cittadinanza. Tutte cose che ottiene senza difficoltà. Un
nemico che ci impone le proprie regole e i propri costumi. Che bandisce il
maiale dalle mense delle scuole, delle fabbriche, delle prigioni. Che
aggredisce la maestra o la preside perché una scolara bene educata ha
gentilmente offerto al compagno di classe musulmano la frittella di riso al
marsala cioè «col liquore». E-attenta-a-non-ripeter-l'oltraggio. Un nemico che
negli asili vuole abolire anzi abolisce il Presepe e Babbo Natale. Che il
crocifisso lo toglie dalle aule scolastiche, lo getta giù dalle finestre degli
ospedali, lo definisce «un cadaverino ignudo e messo lì per spaventare i
bambini musulmani». Un nemico che in Inghilterra s'imbottisce le scarpe di
esplosivo onde far saltare in aria il jumbo del volo Parigi-Miami. Un nemico che
ad Amsterdam uccide Theo van Gogh colpevole di girare documentari sulla
schiavitù delle musulmane e che dopo averlo ucciso gli apre il ventre, ci ficca
dentro una lettera con la condanna a morte della sua migliore amica. Il nemico,
infine, per il quale trovi sempre un magistrato clemente cioè pronto a
scarcerarlo. E che i governi eurobei (ndr: non si tratta d'un errore
tipografico, voglio proprio dire eurobei non europei) non espellono neanche se
è clandestino.
Dialogo tra civiltà
Apriti cielo se chiedi qual è l'altra civiltà, cosa c'è di civile in una
civiltà che non conosce neanche il significato della parola libertà. Che per
libertà, hurryya, intende «emancipazione dalla schiavitù». Che la parola
hurryya la coniò soltanto alla fine dell'Ottocento per poter firmare un
trattato commerciale. Che nella democrazia vede Satana e la combatte con gli
esplosivi, le teste tagliate. Che dei Diritti dell'Uomo da noi tanto
strombazzati e verso i musulmani scrupolosamente applicati non vuole neanche
sentirne parlare. Infatti rifiuta di sottoscrivere la Carta dei Diritti Umani
compilata dall'Onu e la sostituisce con la Carta dei Diritti Umani compilata
dalla Conferenza Araba. Apriti cielo anche se chiedi che cosa c'è di civile in
una civiltà che tratta le donne come le tratta. L'Islam è il Corano, cari miei.
Comunque e dovunque. E il Corano è incompatibile con la Libertà, è
incompatibile con la Democrazia, è incompatibile con i Diritti Umani. È
incompatibile col concetto di civiltà.
Una strage in Italia?
La strage toccherà davvero anche a noi, la prossima volta toccherà davvero
a noi? Oh, sì. Non ne ho il minimo dubbio. Non l'ho mai avuto. E aggiungo: non
ci hanno ancora attaccato in quanto avevano bisogno della landing-zone, della
testa di ponte, del comodo avamposto che si chiama Italia. Comodo
geograficamente perché è il più vicino al Medio Oriente e all'Africa cioè ai
Paesi che forniscono il grosso della truppa. Comodo strategicamente perché a
quella truppa offriamo buonismo e collaborazionismo, coglioneria e viltà. Ma presto
si scateneranno. Molti italiani non ci credono ancora. Si comportano come i
bambini per cui la parola Morte non ha alcun significato. O come gli
scriteriati cui la morte sembra una disgrazia che riguarda gli altri e basta.
Nel caso peggiore, una disgrazia che li colpirà per ultimi. Peggio: credono che
per scansarla basti fare i furbi cioè leccarle i piedi.
Multiculturalismo, che panzana
L'Eurabia ha costruito la panzana del pacifismo multiculturalista, ha
sostituito il termine «migliore» col termine «diverso-differente», s'è messa a
blaterare che non esistono civiltà migliori. Non esistono principii e valori
migliori, esistono soltanto diversità e differenze di comportamento. Questo ha
criminalizzato anzi criminalizza chi esprime giudizi, chi indica meriti e
demeriti, chi distingue il Bene dal Male e chiama il Male col proprio nome. Che
l'Europa vive nella paura e che il terrorismo islamico ha un obbiettivo molto
preciso: distruggere l'Occidente ossia cancellare i nostri principii, i nostri
valori, le nostre tradizioni, la nostra civiltà. Ma il mio discorso è caduto
nel vuoto. Perché? Perché nessuno o quasi nessuno l'ha raccolto. Perché anche
per lui i vassalli della Destra stupida e della Sinistra bugiarda, gli
intellettuali e i giornali e le tv insomma i tiranni del politically correct ,
hanno messo in atto la Congiura del Silenzio. Hanno fatto di quel tema un tabù.
Conquista demografica
Nell'Europa soggiogata il tema della fertilità islamica è un tabù che
nessuno osa sfidare. Se ci provi, finisci dritto in tribunale per
razzismo-xenofobia-blasfemia. Ma nessun processo liberticida potrà mai negare
ciò di cui essi stessi si vantano. Ossia il fatto che nell'ultimo mezzo secolo
i musulmani siano cresciuti del 235 per cento (i cristiani solo del 47 per cento).
Che nel 1996 fossero un miliardo e 483 milioni. Nel 2001, un miliardo e 624
milioni. Nel 2002, un miliardo e 657 milioni. Nessun giudice liberticida potrà
mai ignorare i dati, forniti dall'Onu, che ai musulmani attribuiscono un tasso
di crescita oscillante tra il 4,60 e il 6,40 per cento all'anno (i cristiani,
solo 1'1 e 40 per cento). Nessuna legge liberticida potrà mai smentire che
proprio grazie a quella travolgente fertilità negli anni Settanta e Ottanta gli
sciiti abbiano potuto impossessarsi di Beirut, spodestare la maggioranza
cristiano-maronita. Tantomeno potrà negare che nell'Unione Europea i neonati
musulmani siano ogni anno il dieci per cento, che a Bruxelles raggiungano il
trenta per cento, a Marsiglia il sessanta per cento, e che in varie città
italiane la percentuale stia salendo drammaticamente sicché nel 2015 gli
attuali cinquecentomila nipotini di Allah da noi saranno 7-800.000. si sbagliava per difetto n.d.a. e nel 2004 non
contava l’immigrazione
Addio Europa, c'è l'Eurabia
L'Europa non c'è più. C'è l'Eurabia. Che cosa intende per Europa? Una
cosiddetta Unione Europea che nella sua ridicola e truffaldina Costituzione
accantona quindi nega le nostre radici cristiane e quindi la nostra identità
culturale, la nostra essenza? L'Unione Europea è solo il club finanziario che
dico io. Un club voluto dagli eterni padroni di questo continente cioè dalla
Francia e dalla Germania. È una bugia per tenere in piedi il fottutissimo euro
e sostenere l'antiamericanismo, l'odio per l'Occidente. È una scusa per pagare
stipendi sfacciati ed esenti da tasse agli europarlamentari che come i
funzionari della Commissione Europea se la spassano a Bruxelles. È un trucco
per ficcare il naso nelle nostre tasche e introdurre cibi geneticamente
modificati nel nostro organismo. Sicché oltre a crescere ignorando il sapore
della Verità le nuove generazioni crescono senza conoscere il sapore del buon
nutrimento. E insieme al cancro dell'anima si beccano il cancro del corpo.
Integrazione impossibile
La storia delle frittelle al marsala offre uno squarcio significativo sulla
presunta integrazione con cui si cerca di far credere che esiste un Islam ben
distinto dall'Islam del terrorismo. Un Islam mite, progredito, moderato, quindi
pronto a capire la nostra cultura e a rispettare la nostra libertà. Virgilio
infatti ha una sorellina che va alle elementari e una nonna che fa le frittelle
di riso come si usa in Toscana. Cioè con un cucchiaio di marsala dentro
l'impasto. Tempo addietro la sorellina se le portò a scuola, le offrì ai compagni
di classe, e tra i compagni di classe c'è un bambino musulmano. Al bambino
musulmano piacquero in modo particolare, così quel giorno tornò a casa
strillando tutto contento: «Mamma, me le fai anche te le frittelle di riso al
marsala? Le ho mangiate stamani a scuola e...». Apriti cielo. L'indomani il
padre di detto bambino si presentò alla preside col Corano in pugno. Le disse
che aver offerto le frittelle col liquore a suo figlio era stato un oltraggio
ad Allah, e dopo aver preteso le scuse la diffidò dal lasciar portare
quell'immondo cibo a scuola. Cosa per cui Virgilio mi rammenta che negli asili
non si erige più il Presepe, che nelle aule si toglie dal muro il crocifisso,
che nelle mense studentesche s'è abolito il maiale. Poi si pone il fatale interrogativo:
«Ma chi deve integrarsi, noi o loro?».
L'islam moderato non esiste
Il declino dell'intelligenza è il declino della Ragione. E tutto ciò che
oggi accade in Europa, in Eurabia, ma soprattutto in Italia è declino della
Ragione. Prima d'essere eticamente sbagliato è intellettualmente sbagliato.
Contro Ragione. Illudersi che esista un Islam buono e un Islam cattivo ossia
non capire che esiste un Islam e basta, che tutto l'Islam è uno stagno e che di
questo passo finiamo con l'affogar dentro lo stagno, è contro Ragione. Non
difendere il proprio territorio, la propria casa, i propri figli, la propria
dignità, la propria essenza, è contro Ragione. Accettare passivamente le
sciocche o ciniche menzogne che ci vengono somministrate come l'arsenico nella
minestra è contro Ragione. Assuefarsi, rassegnarsi, arrendersi per viltà o per
pigrizia è contro Ragione. Morire di sete e di solitudine in un deserto sul
quale il Sole di Allah brilla al posto del Sol dell'Avvenir è contro Ragione.
Ecco cos'è il Corano
Perché non si può purgare l'impurgabile, censurare l'incensurabile,
correggere l'incorreggibile. Ed anche dopo aver cercato il pelo nell'uovo,
paragonato l'edizione della Rizzoli con quella dell'Ucoii, qualsiasi islamista
con un po' di cervello ti dirà che qualsiasi testo tu scelga la sostanza non
cambia. Le Sure sulla jihad intesa come Guerra Santa rimangono. E così le
punizioni corporali. Così la poligamia, la sottomissione anzi la
schiavizzazione della donna. Così l'odio per l'Occidente, le maledizioni ai cristiani
e agli ebrei cioè ai cani infedeli.
F I N E
Dagli anni ’70 sono sempre stato un suo accanito lettore ed ammiratore. Ho
scoperto in Libia 5 o 6 anni fà che prevedeva anche il futuro
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